12. Don Fabrizio andò a grattar via un po’ di lichene dai piedi della Flora e si mise a passeggiare su e giù. Il sole basso proiettava immane l’ombra sua sulle aiuole funeree. Del morto non si era parlato più, infatti; ed, alla fin dei conti, i soldati sono soldati appunto per morire in difesa del Re. L’immagine di quel corpo sbudellato riappariva però spesso nei ricordi come per chiedere che gli si desse pace nel solo modo possibile al Principe: superando e giustificando il suo estremo patire in una necessità generale. Perché morire per qualche d’uno o per qualche cosa, va bene, è nell’ordine; occorre però sapere o, per lo meno, esser certi che qualcuno sappia per chi o per che si è morti; questo chiedeva quella faccia deturpata; e appunto qui cominciava la nebbia.

12. Dominus Fabricius ivit lichenes erasum de basibus plantarum coepitque ultro citroque ambulare. Sol mox casurus umbras ingentes deiecit in areas florales funestas. Profecto, iam amplius nihil loquelae de mortuo erat; et utique milites erunt milites maxime ut moriantur regem defendendo. Attamen imago illius cadaveris exenterati in memoria resurrexit quasi rogaret ut pax sibi donaret solo modo possibili Principi nostro: superans et iustificans dolorem eius extremum in conspectu necessitatis universalis. Quoniam cuiusdam hominis vel rei causa mori sane laudandum et in ordine rerum est; attamen necesse nobis est scire vel saltem pro certo habere aliquem scire cui homini aut rei mortuum esse; hoc ipsum poposcit illa facies deformata et hoc ipso loco res nebulosa fieri coepit.