6. Lui, il Principe, intanto si alzava: l’urto del suo peso da gigante faceva tremare l’impiantito e nei suoi occhi chiarissimi si riflesse, un attimo, l’orgoglio di questa effimera conferma del proprio signoreggiare su uomini e fabbricati. Adesso posava o smisurato Messale rosso sulla seggiola che gli era stata dinanzi durante la recita del Rosario, riponeva il fazzoletto sul quale aveva posato il ginocchio, e un po’ di malumore intorbidò il suo sguardo quando rivide la macchiolina di caffè che fin dal mattino aveva ardito interrompere la vasta bianchezza del panciotto. Non che fosse grasso: era soltanto immenso e fortissimo; la sua testa sfiorava (nelle case abitate dai comuni mortali) il rosone inferiore dei lampadari; le sue dita potevano accartocciare come carta velina le monete da un ducato; e fra villa Salina e la bottega di un orefice era un frequente andirivieni per la riparazione di forchette e cucchiai che la sua contenuta ira, a tavola, gli faceva spesso piegare in cerchio. Quelle dita, d’altronde, sapevano anche essere di tocco delicatissimo nel maneggiare e carezzare e di ciò si ricordava a proprio danno Maria Stella, la moglie; e le viti, le ghiere, i bottoni smerigliati dei telescopi, cannocchiali, e “cercatori di comete” che lassù, in cima alla villa, affollavano il suo osservatorio privato si mantenevano intatti sotto lo sfioramento leggero. I raggi del sole calante di quel pomeriggio di Maggio accendevano il colorito roseo, il pelame color di miele del Principe; denunziavano essi l’origine tedesca di sua madre, di quella principessa Carolina la cui alterigia aveva congelato, trent’anni prima, la corte sciattona delle Due Sicilie. Ma nel sangue di lui fermentavano altre essenze germaniche ben più incomode per quell’aristocratico siciliano nell’anno 1860, di quanto potessero essere attraenti la pelle bianchissima ed i capelli biondi nell’ambiente di olivastri e di corvini: un temperamento autoritario, una certa rigidità morale, una propensione alle idee astratte che nell’habitat molliccio della società palermitana si erano mutati in prepotenza capricciosa, perpetui scrupoli morali e disprezzo per i suoi parenti e amici che gli sembrava andassero alla deriva nel lento fiume pragmatistico siciliano.

6. Is, princeps scilicet, interim consurrexit: impactio eius ponderis gigantei solum tremefecit et scintilla superbiae in eius oculis claris videbatur monstrare quo brevi indicio confirmatus est eius dominatus super homines et opera hominum. Nunc posuit in sella ingens missale rubrum quod ante se fuerat inter recitationem rosarii, restituit sudarium in quo genu nixus erat, et paululo stomachatus est videre maculam cafēi effusi quae ex tempore matutino ausa est interrumpere vastam albedinem eius thoracis. Atat non assero eum crassum fuisse, tantummodo grandis et fortissimus; caput eius stringere solebat (in domibus mortalium communium) fenestram ad altitudinem candelabri; eius digiti monetas maiores corrugere potebant quasi essent chartaceae; profecto inter villam Salinam et fabricam aurariam frequens erat aditus et reditus ad furculas et cochlearia reficienda quae ira contenta, ad mensam, eum coegit ut in circites curvaret. E contra autem idem digiti sciebant quoque delicate tangere contrectando et palpando quod uxor Maria Stella illius proprio damno memoravit; etiam cochleae, ferulae, globuli translucidi telescopii necnon tubi optici et machillae indagatrices cometarum sursum, contra scalas, supra tectum villae, quae omnia constipabant in specula astronomica privata et sarta tecta manebant sub tactu levi. Radii solis occidentis tempore postmeridiano illius diei mensis Maii, illustravit colorem cutis roseum, pellicium colore mellis nostri Principis; denuntiabant originem Germanam eius matris, et principis feminae Carolinae cuius arrogantia congelarat, ante triginta annos, aulam incomptam duarum Siciliarum. Sed in eius sanguine aliae essentiae Germanicae fermentabantur longe magis incommodae nostro Siciliano aristocratico anni 1860 quam color cutis capillorumve, proprietates fortasse venustae in ambitu hominum fusciorum: indoles imperiosa, certus rigor morum, proclivitas ad ideas abstractas fovendas quae in societate affaniarum Panormitana sunt transmutata in insolentiam temerariam, perpetuos scrupulos morales, contemptum affinium et amicorum qui ei videbantur defluere in lento rivo Siciliano pragmatico.